venerdì 19 febbraio 2021

Biologia della Politica


Biologia della Politica

 


In un mio precedente articolo ho parlato delle rivoluzioni e del perché è inutile parlare di rivoluzione poiché essa ormai rappresenta nulla più che un tentativo di controllo e di restaurazione di un ordine pre-esistente.


Ora vorrei continuare questo mio approfondimento sui concetti più attuali (e che non sono in realtà legati a microbiologia e virologia, ma semplice detenzione e perpetrazione del potere): in Italia ci troviamo di nuovo all'alba di un cosiddetto governo tecnico, ovvero un concetto formato da due parole che sono fondamentalmente un ossimoro l'una dell'altra.

Perché dico questo? Per il semplice fatto che i governi e le nazioni in generale dovrebbero essere gestite dalla politica e non dall'economia e dai tecnici o, come sta accadendo ora molto più semplicemente, dalla finanza.

Perché non esiste più la politica?

Come sempre per cominciare qualsiasi tipo di lavoro io affronti parto sempre da un'ottica biologica ovvero un senso legato a biologia, etologia, psicosomatica e genealogica dell'essere umano.

Questo non significa che parleremo di biologia tout court ma che parleremo di un approccio comportamentale e culturale legati all'etologia dell'essere umano che è un essere piuttosto complesso.

Tutte queste mie considerazioni sono nate prendendo spunto da un caposaldo di questo tipo di biologia, un testo di Henri Laborit che si chiama “elogio della fuga” ma cominciamo dall'inizio:

cosa vuol dire Politica?


l'etimologia di politica ci parla fondamentalmente di gestione della Polis - Politiches ovvero dal greco antico che attiene alla Polis, la città stato, con il suffisso Tecné, arte o tecnica perciò l'arte che attiene alla città, alla funzionalità della città, alla gestione della città e la cui origine a sua volta proviene da “popolo” (greco antico PoliticheS) e cittadino.


L'aggettivo “politico” dovrebbe quindi riguardare i cittadini.


Ma c’è anche un'altra scienza a cui chiedere un aiuto ovvero la sociologia; svariati studi sociologici ci danno una conferma che le antiche e piccole società umane riuscivano a gestirsi in maniera piuttosto efficace per garantire il cosiddetto controllo sociale fino alla dimensione di 150 individui per villaggio; sopra da questo numero devono intervenire una serie di scelte e la creazione di alcuni organi sociali e culturali che permettono la gestione della società stessa.

Perciò potremmo affermare, come giustamente hanno fatto i greci, che la politica nasce con la nascita delle città.


La politica dovrebbe essere, citando lo stesso laborit, “la più elaborata e la più alta delle attività umane”; leggendo proprio dal suo testo egli afferma “la specie umana, unica ad avere coscienza di specie, cerca ancora un modo di organizzazione planetaria per immaginare rapporti interindividuali che consentono la costituzione di gruppi umani capaci a loro volta di integrarsi senza antagonismo in insiemi umani sempre più vasti per giungere finalmente a costituire un organismo planetario dal funzionamento armonioso ed in grado di lasciar operare ognuno in modo che, assicurando la sua breve vita, assicuri anche quella della specie”.

Questa è in definitiva l'oggetto della politica: prima di tutto scienza dell'organizzazione della struttura sociale cioè di quella che regola i rapporti interindividuali.


Chiaramente c'è un aspetto termodinamico in questo funzionamento e che possiamo rappresentare con l'economia: un'altra parola di origine greca che significa οἶκος (oikos) casa inteso come beni di famiglia e νόμος (nomos) "norma" o "legge"  perciò si intende sia l'organizzazione dell'utilizzo di risorse limitate, finite o scarse quando attuata al fine di soddisfare al meglio bisogni individuali o collettivi ma anche un sistema di interazione che garantisce un tale tipo di organizzazione ovvero del cosiddetto sistema economico.

Quindi la politica e l’economia sono i modi con cui l'essere umano dovrebbe gestirsi e gestire gli altri; fondamentalmente ciò che è più importante per la politica è una visione di come si desidera prefigurare la società a venire e di come si desidera la società stessa del futuro.

Nel momento in cui la politica viene affidata al tecnico (cioè all'esperto di una attività intellettuale o manuale ovvero qualcuno che sa fare e sa operare) ebbene questa politica ha già perso la visione.

Nel momento in cui non esiste più un punto di arrivo ci si occupa solo della gestione e questo è ancora più inquietante; quando poi l'economia in realtà viene sostituita dalla finanza (che è una parola molto interessante con un'etimologia francese finance, che a sua volta parte dalla provenzale finansa nel significato di cessazione e che a sua volta proviene dal latino finisse ossia finire) tutto ciò scade nel dramma.


C'è una definizione in voga piuttosto ideologizzata e fideistica di finanza: “finanza e tutto ciò che ha un fine ed il fine della finanza è il bene comune”


Che la finanza abbia come punto di arrivo il bene comune sarebbe da stabilire in maniera più approfondita, ovviamente... La finanza attuale, in realtà, permette il lusso di pochi a scapito della povertà di molti e anche qui subentra una bellissima citazione di Franklin Delano Roosevelt, 32° presidente degli Stati Uniti, e che dice “avevano cominciato a considerare il governo degli Usa come una mera appendice dei loro affari. Ora sappiamo che il governo esercitato dalla finanza organizzata è altrettanto pericoloso del governo della malavita organizzata".

Riassumendo qualsiasi governo e, per estensione, qualsiasi politica che si occupi di tecnica, di gestione, di finanza ma non estrinseca alcuna forma di visione se non quella della gestione finanziaria implica che non sta operando per il già citato bene comune.


In Italia ce ne accorgiamo anche dai nomi che vengono dati alle cose, tornando sul concetto profondo e importante che hanno le parole di cui ho già trattato in alcuni corsi e in alcuni articoli:
siamo passati dalle unità sanitarie locali alle aziende unità sanitarie locali e le abbiamo fatte diventare aziende sanitarie locali; questo chiaramente ci dice che è molto più importante la gestione delle risorse, specie se sono poche, a dispetto dell'unità.

Tutta questa narrazione ad alcuni potrebbe apparire complottistica ma il complotto implica che parte delle informazioni o parte del disegno siano celati, nascosti mentre qui è tutto alla luce del sole e viene continuamente svolto.


L'operazione tutt'al più è fideistica, religiosa, ovvero viene inculcata un'idea posticcia per cui il fine ultimo della società dell’animale Homo Sapiens sia il mantenimento finanziario di alcune fasce molto circoscritte della popolazione.

Oppure, più letteralmente (se pensiamo all’etimologia da cui deriva finanza) alla fine della specie...


Se a ciò sovrapponiamo anche la gestione e lo sfruttamento delle risorse al ritmo attuale ci è facile intuire quanto fuori da ogni funzionalità biologica sia tutto questo.

Soluzioni? Infinite, ma ogni singolo individuo deve assumersi la responsabilità della propria.

Ma avremo tempo per parlarne!


Perché crescere? Ovvero perché la crescita personale è l’unico vero investimento redditizio.

  Susan Neiman è una filosofa americana estremamente interessante. Contemporanea, vivente e pensante, in un epoca come la nostra si pone...